giovedì 18 dicembre 2014

LIBRI THE WRITER PREMIATI


Crediamo  faccia piacere conoscere i successi conseguiti da alcuni nostri grandi Autori:

Nazario Pardini:

Premio Letterario "Portus Lunae", Portovenere, premiazione 25/12/2012. Fuori concorso "Premio alla carriera per alti meriti letterari".

Premio Letterario Internazionale "Tulliola/Renato Filippelli". Premiazione 12/03/2013 al Castello Miramare di Formia per l'opera: Alla volta di Leucade.

Premio Letterario "Massa Città fiabesca di mare e di marmo". Premiazione al Teatro dei Servi di Massa il 29/09/2012 per l'opera: Scampoli serali di un venditore di arazzi.

Premio Letterario editoriale "Libero De Libero", Fondi. Premiazione 2/12/2012 al Castello di Fondi: Pubblicazione della Silloge vincitrice "Colloquio con il mare e con la vita". 
Conferimento "LAUREA APOLLINARIS", equivalente ad un maggior prestigio del "Premio alla  Carriera" a sommi Poeti di alto livello da parte della Presidenza del "Premio Internaziionale di Poesia "Milano-Streghetta". Milano. 

Seguono altri Premi di finalista o premi speciali. E vari riconoscimenti alla carriera. 

"Toscana in Poesia", Premiazione Royal Viareggio 03/06/2012
"Premio il Forte", Premiazione Villa Bertelli Forte Dei Marmi 09/06/2012
"Premio Via Francigena", Premiazione Brescia  10/06/2012
"Premio Micheloni - Val Di Vara" La Spezia Premiazione  24/06/2012



DICOTOMIE di Nazario Pardini


di Ninnj Di Stefano Busà

Si può dire che ormai Nazario Pardini si presenti come uno dei poeti di grande e notevole spessore del secondo Novecento italiano. Ciò che colpisce di primo acchito è la sua capacità espressiva rigorosamente sintetica che ha conservato, delle prime opere, la schiettezza e l’incanto stilistico, oltre che l’efficacia di una fervida creatività e fantasia. La sua poesia è profonda, illuminata, incisiva con un nitore e una fluidità eccezionali. 
Si tratta davvero di un libro diverso, insolito e stupefacente, il suo Dicotomie perché fuori dagli schemi, nonché diverso anche dai suoi precedenti. Dunque, ritengo sia l’opera della piena maturità, il “clou” della sua attività poetica, incardinata nel senso della vita di cui ha percorso ogni tratto di strada, ogni sentiero impervio, ogni segmento vitale e ogni morte del passato, tra interiore ed esteriore, tra sacro e profano. Il poeta è perfettamente in sintonia con quell’idea di “poesia onesta” di sabiana memoria, una parola che non sia artefatta, arzigogolata e non si compiaccia del proprio potere magico che pure ha a iosa, ma che aderisca alla vita, all’idea di onestà del linguaggio, in una prospettiva storica e umana che ne contenga principi spontanei e linearità, visione della realtà e condivisione con gli altri. In questo libro Nazario Pardini raggiunge la perfezione senza nulla perdere in termini di fascino, d’eleganza della scrittura. Il poeta possiede il carisma come strumento di suggestione poetica, vi si evincono precisione d’immagini, testi memorabili e folgoranti. Sufficienti pochi versi per capire come l’autore sappia coniugare alla perfezione tutti i capitoli della sua storia con estrema semplicità, con sofferta e matura sensibilità emozionale, consegnandoci spaccati di vita e di memoria inossidabili. La poesia di Nazario Pardini è intessuta di nostalgia, si respira in abbondanza una diffusa serenità, in atmosfere calde e suggestive. “non profumano più quei bocci bianchi;/ ci sono uccelli a branchi/ che roteano largamente sui detriti/ dell’ingordigia umana”. L’accento viene posto con lucidità, ma anche con tenero distacco, con sensazioni e pensieri che si avvalgono di un linguismo chiaro, nitido, semplice, raffinato che possiede la grande capacità di testimoniare sul piano letterario un livello che salta all’occhio, per la grande compostezza del modulo espressivo, la trasparenza e la levigatezza del verso.
Segno di grande maturità e autentica vocazione, voce limpida che sa giungere direttamente al cuore del lettore:
Facemmo un ombrello di carta e la sera
ci avvicinò con l’aria
seviziata dai guizzi del tramonto.
Restammo assieme a lungo
sotto il battito
di quella volta fragile.
Poi il silenzio
di me che non sapevo il giorno,
di te che ti affidavi a sera
delle parole al volo,
ci cullò quasi vestito
dei fremiti del mare.
Andare, andare era il tuo sogno.

Al semaforo un emigrante lavavetri
cercava tra i colori delle case
un qualcosa che portasse al suo paese.”

Anche il pensiero poetante illuminato dalla luce spirituale è un tratto distintivo di Nazario Pardini: i toni epico-lirici sono pervasi da una tensione orfica e di un trasfondere di coscienza che si evince e si individua come autentico e matamorfico coacervo di storia, che indaga il tempo e gli eventi, l’umanità e la divinità dell’universale che non si limitano a descrivere momenti solo alti, ma va al di là, oltre la ferita umana, oltre la fatica esistenziale per rivendicare un po’ d’infinito, quantomeno, la sensibilità di un “perdono” a qualche nota stonata, a qualche rievocazione di silenzio trafitto, che evidenzia e mette in luce il pianto e il dolore universali, tra i riconoscibili segni di questo ottimo poeta. Insomma un libro che c’è, è presente, si fa riconoscere, raggiunge note alte, armonizzandosi alla coscienza planetaria. Si presenta carismatico col segno preminente della pietas, tra gli aneliti estremi del perdono che si configura come immagine di un simbolismo misterico assoluto che pare redimere e del quale tutti ne costruiamo la spiritualità e i sentimenti, umanizzandone solitudini e assenze e aprendo il cuore alla bellezza del creato. Superlativi ad es. questi versi in memoria della madre:
Non di rado,
alla sera, il tramonto si gonfiava
per toccare coi suoi colori d’oro
la mota di quei solchi. E mia madre
si stupiva davanti a quei colori,
davanti a quella volta iridescente.
Con il falcino in mano, e il volto stanco,
ammirava, stupita,
quei giochi del tramonto sopra il campo.
La straordinarietà della poesia di Pardini consiste nel voler sottrarre la bellezza della natura, del sogno, del mito agli annichilenti artigli del tempo, alle incidenze delle scoloriture e recuperarle alla vita, limitandone l’entropia e la corruzione, prolungando fin dove possibile le accensioni sublimi delle sue cromature, dei suoi riverberi, fermandone le note essenziali in atmosfera d’anima, con la struggenza ineluttabile e tragica della partecipazione, attraverso il sortilegio del ricordo o di una parola intensa e metafisica che possa limitare i danni della sua autodistruzione nei correlativi analogici oggettivi di eliotiana memoria.  

mercoledì 17 dicembre 2014

Cosenza: "A Natale si accende la luce del cuore"




Una serata per riflettere, per ricordare e per farsi gli auguri di Natale quella di sabato 13 dicembre all'OMCeO della provincia di Cosenza. Un appuntamento che si ripete ogni anno, come ha ricordato il Presidente Eugenio Corcioni, che ha presentato lui stesso alcuni eventi di quelli previsti nel programma della manifestazione, che ha contribuito alla raccolta di fondi in favore di Telethon. Oltre al titolo sulla luce del cuore, significativo il sottotitolo “i Medici tra storia, testimonianze di vita e versi”, quasi un gioco di parole che ha trovato spiegazione nel corso della serata, durante la quale la presentazione di alcuni libri ha consentito di “incontrarsi su traiettorie diverse”. Tre libri molto particolari, ha sottolineato Corcioni, in presenza dei tre autori. “Dalla condotta medica alle cure primarie” è il primo titolo che contiene ricordi, riflessioni e considerazioni di Domenico Amato, medico, che nel suo libro ripercorre gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza e poi quelli degli studi universitari, per raccontare poi gli anni dell'esercizio della professione: medico condotto a Panettieri, il più piccolo comune della provincia di Cosenza, poi ufficiale medico a Verona e quindi dirigente nell'Asp di Cosenza. Amato ha ricordato le trasformazioni che hanno interessato la sanità in Italia e com'è cambiato il modo stesso di fare i medici oggi. La figura del medico condotto è nata con l'Unità d'Italia e il medico condotto prendeva in carico l'assistito, poi si è passati a modi diversi di essere medici, a seguito di riforme e di diffusione delle tecnologie, cose positive, ma che non possono essere sostitutive della funzione e del ruolo del medico. Oggi occorre recuperare il concetto di medicina basata sulla persona. “Il Piombo e l'argento. La vera storia del partigiano Facio” è il titolo del secondo libro. L'autore Carlo Spartaco Capogreco, presentato da Agata Mollica, è un medico pediatra, ma che è diventato associato di Storia contemporanea. Pur esercitando la professione medica prima a Firenze poi in Calabria, ha coltivato negli anni la passione per la Storia fino ad arrivare a scrivere questo libro che narra una vicenda molto particolare, un episodio ancora oscuro: il 22 luglio 1944 Dante Castellucci (Facio) viene giustiziato da un plotone di esecuzione dopo un processo sommario. A fucilarlo non sono gli avversari, ma gli stessi appartenenti alle fila della Resistenza, nonostante Castellucci si fosse distinto in diverse operazioni, fosse stimato e ospitato nella cascina della famiglia di Alcide Cervi, nelle campagne di Reggio Emilia. Il libro è uscito nel 2007, ha raccontato Capogreco, ed è stato presentato in tante città italiane, tranne che a Cosenza, dove però nel 1961 fu donata alla madre di Castellucci una medaglia d'argento con una motivazione farlocca. Fu intrapresa un'iniziativa per farle ottenere una medaglia d'oro con la motivazione vera. “Malattia e morte di un imperatore: Alessio I Comneno” è la tesi di laurea di Roberto Pititto, consigliere dell'Ordine di Cosenza. E' stato come tornare al capezzale dell'imperatore 900 anni dopo la sua morte e tentare una perizia, ha commentato Pititto, rispondendo alle domande di Francesco Romeo. L'imperatore Alessio è morto nel 1119, a 61 anni, che era una bella età per quell'epoca. Determinante per capire la sua rapida e fatale malattia è ciò che lascia scritto la figlia Anna che assistette il padre in ogni momento, assieme ai medici, che, ovviamente, allora non avevano strumenti diagnostici: pensavano all'epilessia o genericamene a una malattia respiratoria, ma, a giudicare dalla descrizione dei sintomi, dalla velocità della progressione della malattia che portarono Alessio alla morte in poche settimane, 900 anni dopo si può affermare che si sia trattato di un tumore linfatico. “Abbiamo voluto parlare di queste tre storie perché sono davvero molto singolari e svelano quale sia il ruolo del medico in rapporto alla società in epoche diverse”, ha detto Corcioni. La serata è stata caratterizzata da altri momenti: Emilia Zicari ha recitato, accompagnata da Andrea Magnelli al clarinetto, versi di De Filippo, Trilussa, Pascoli, Ruocco e Russo. Le poesie di Giacomo e Paolo Guglielmelli hanno rappresentato atmosfere e nostalgie del Natale. Ancora poesia con Fiorenza Cosenza (Natale i 'na vota). Pietro Testa e Vito Romagno hanno portato la testimonianza dell'attività dell'Unione Italiana Ciechi e degli ipovedenti. Gli intermezzi musicali sono stati affidati a Giusy Bartoletti, Giusto e Francesco Zappone e Domenico Tarsitano della band Controritmo. Orfeo Notari Stefano Articolo pubblicato in: News

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